COP30 Belém 2025: il nuovo sondaggio sulla percezione globale della Conferenza climatica
La trentesima Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici, che si terrà a Belém nel cuore dell'Amazzonia brasiliana, rappresenta un momento cruciale per il futuro del pianeta.
Dall'ultima indagine Ipsos, condotta in 30 paesi, emergono però percezioni contrastanti sull'efficacia di questo appuntamento, con differenze tra regioni geografiche e livelli di sviluppo economico.
COP30 Belém 2025, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: che cos'è e quando si svolge?
La 30ª Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite, conosciuta anche come COP30 e che si terrà a Belém, nel cuore dell'Amazzonia brasiliana, dal 10 al 21 novembre 2025, si inserisce nell'ambito della convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC, United Nations Framework Convention on Climate Change).
In un momento storico in cui gli effetti del cambiamento climatico si intensificano, la COP30 rappresenta un appuntamento cruciale. Inoltre, per la prima volta i negoziati si svolgeranno nel "polmone verde" del pianeta, sottolineando simbolicamente l'urgenza di proteggere gli ecosistemi fondamentali per l'equilibrio climatico globale.
Scopriamo alcuni dei principali risultati dell'ultimo sondaggio internazionale Ipsos condotto in vista della COP30.
Conoscenza limitata, ma aspettative divergenti
Solo il 44% della popolazione globale conosce realmente lo scopo della COP30 come incontro internazionale per negoziare azioni contro il cambiamento climatico, percentuale che in Italia aumenta al 48%. La consapevolezza sulla città scelta per il 2025 è ancora più limitata: appena il 12% sa che si terrà a Belém (10% in Italia), con l'eccezione del Brasile dove il 35% è informato sulla sede.
Ma è sul fronte delle aspettative che emergono le maggiori divergenze. A livello globale, il 49% considera la conferenza meramente simbolica, contro solo il 34% che crede porterà risultati concreti. L'Italia si distingue per un pessimismo particolarmente marcato: ben il 64% degli italiani ritiene l'evento solo simbolico, mentre appena il 22% nutre speranze di efficacia concreta, collocando il paese tra i più scettici insieme a Francia e Spagna.
Forte consenso sulla responsabilità delle imprese
Un punto di convergenza globale emerge sulla questione della responsabilità corporate. Il 69% a livello internazionale ritiene che le aziende privilegino i profitti rispetto all'ambiente, con punte del 76% in Irlanda e del 74% in Francia, Ungheria e Svezia. L'Italia si allinea a questo trend con il 73% dei cittadini convinti che le imprese antepongano il profitto alla sostenibilità.
Questa percezione si traduce in un ampio sostegno per misure più stringenti: il 65% globalmente (70% in Italia) ritiene che le imprese dovrebbero essere obbligate a destinare parte dei profitti per finanziare l'azione climatica. Particolarmente significativo il dato italiano sulla responsabilità dei più ricchi: il 66% sostiene che i miliardari dovrebbero sostenere la maggior parte dei costi climatici, ben 12 punti sopra la media globale del 54%.
Gli ostacoli: la politica prima di tutto
L'analisi degli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi climatici rivela che le barriere sono principalmente di natura politica e di governance piuttosto che tecniche. Il 42% a livello globale (45% in Italia) identifica la mancanza di volontà politica come ostacolo principale. Questo sentimento è particolarmente forte in America Latina, con Perù (57%), Colombia (53%) e Argentina (51%) in testa.
Altri ostacoli significativi includono:
- Mancanza di enforcement contro deforestazione e inquinamento: 34% globalmente (29% in Italia).
- Insufficienti finanziamenti per progetti ambientali: 31% globalmente (25% in Italia).
- Dipendenza dai combustibili fossili: 24% globalmente (27% in Italia).
Solo il 18% degli italiani identifica la mancanza di tecnologia adeguata come barriera, perfettamente allineato alla media globale, confermando che il problema non è tecnologico ma politico-economico.