Pride Month 2023: in Italia il 9% delle persone si identifica come LGBT+
L'opinione pubblica di 30 Paesi è ampiamente favorevole alla protezione delle persone transgender dalle discriminazioni in ambito lavorativo e abitativo, ma è divisa su altre misure.
In Italia il 9% della popolazione si dichiara LGBT+, il 61% è favorevole al matrimonio egualitario e il 64%, in aumento del 5% rispetto al 2021, alle adozioni per le coppie LGBT+
È quanto emerge dal sondaggio Ipsos pubblicato per il Pride Month, condotto in 30 nazioni del mondo e che ha visto coinvolte oltre 22.500 persone di età compresa tra i 16 e 74 anni.
Nei 30 Paesi esaminati quest’anno, in media, il 47% afferma di avere un parente, un amico o un collega di lavoro che è lesbica/gay/bisessuale/transgender, con un aumento di 5 punti rispetto al 2021, e la maggioranza (76%) è d'accordo sul fatto che le persone transgender debbano essere protette e tutelate da discriminazioni. Vediamo in dettaglio i principali risultati.
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Orientamento sessuale, identità di genere e visibilità LGBT+
Come ogni anno, l’Ipsos LGBT+ Pride Report monitora le opinioni e gli atteggiamenti delle persone in merito all’identità e alle principali istanze della comunità LGBT+. Nel dettaglio, il sondaggio rileva che il 9% degli adulti intervistati a livello internazionale si definisce come LGBT+.
Questa percentuale varia notevolmente tra le generazioni: da una media, nei 30 Paesi, del 18% tra i GenZ al 4% tra i Baby Boomers. A livello geografico, Spagna, Brasile e Olanda sono i Paesi ad avere il maggior numero di persone che si identificano come omosessuali, bisessuali, pansessuali/omnisessuale o asessuali. Al contrario, Polonia, Giappone e Perù sono i Paesi con le percentuali più basse.
In linea con la media internazionale, anche in Italia il 9% delle persone intervistate si definisce LGBT+. In particolare, il 2% si definisce omosessuale, il 3% bisessuale, l’1% pansessuali/omnisessuale e l’1% asessuato. C’è poi un 4% che si definisce transgender/genderfluid/non-binario.
Anche analizzando il tema della visibilità LGBTQ+, ovvero l'atto di essere apertamente visibili e riconoscibili come persone queer nella società, registriamo un aumento rispetto alla precedente rilevazione.
Infatti, nei 30 Paesi esaminati quest’anno, in media il 47% afferma di avere un parente, un amico o un collega di lavoro che è lesbica/gay/bisessuale/transgender, con un aumento di 5 punti rispetto al 2021. Avere un parente, un amico o un collega di lavoro queer è più comunemente segnalato in America Latina, Spagna, Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa. La diversità di genere è più visibile nei Paesi anglosassoni, in Brasile e soprattutto in Thailandia. Al contrario, la visibilità della comunità queer è più bassa in Giappone, Corea del Sud, Turchia, Romania, Ungheria e Polonia.
Il matrimonio tra persone dello stesso sesso
In media, nei 30 Paesi esaminati, il 56% afferma che le coppie dello stesso sesso dovrebbero potersi sposare legalmente, mentre il 16% sostiene che dovrebbero poter ottenere un certo riconoscimento legale ma non sposarsi e solo il 14% afferma che non dovrebbero potersi sposare o ottenere alcun tipo di riconoscimento legale.
Il sostegno al matrimonio tra persone dello stesso sesso, nei Paesi in cui è legale, varia dal 49% all'80%. Anche se nel nostro Paese non è riconosciuto il matrimonio egualitario, il 61% degli italiani si dice a favore. Il 21% è poi favorevole ad almeno una forma di riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso. Mentre, il 9% si dice totalmente contraria ad ogni tipo di unione.
In tredici dei quindici Paesi in cui Ipsos ha monitorato il sostegno al matrimonio omosessuale dal 2013, questo è cresciuto significativamente fino al 2021. Tuttavia, da allora si è stabilizzato o è diminuito in molti Paesi.
Dei 23 Paesi intervistati sia nel 2021 che quest'anno, l’Italia registra una diminuzione del 2% rispetto al 2021 e nove mostrano un declino di 4 punti o più nella percentuale di chi afferma che le persone dello stesso sesso dovrebbero potersi a sposarsi legalmente (Canada, Germania, Stati Uniti, Messico, Paesi Bassi, Paesi Bassi, Svezia, Gran Bretagna, Brasile e Turchia). Mentre solo Francia e Perù mostrano un aumento di 4 o più punti.
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Genitorialità tra persone dello stesso sesso
A livello internazionale, il 65% delle persone intervistate afferma che le coppie dello stesso sesso hanno la medesima probabilità delle coppie eterosessuali di crescere figli con successo e il 64% afferma che dovrebbero avere gli stessi diritti di adottare bambini delle coppie eterosessuali.
Queste opinioni sono sostenute dalla maggioranza in ventisei Paesi su trenta, compresi quelli dove le coppie dello stesso sesso non possono adottare bimbi (come l’Italia). I Paesi dove gli intervistati si dichiarano contrari alle famiglie omogenitoriali sono Polonia, Turchia, Romania e Corea del Sud.
In Italia, anche sul fronte adozioni per le coppie LGBT+, la maggioranza si è detta a favore arrivando al 64% con un +5% rispetto al 2021.
Discriminazioni delle persone transgender
Il 67% degli intervistati, a livello internazionale, afferma che le persone transgender subiscono una qualche forma di discriminazione, rispetto al 19% che non ne considera nessuna.
La maggioranza delle persone nei 30 Paesi intervistati (in media il 76%) è d'accordo sul fatto che le persone transgender debbano essere protette e tutelate da discriminazioni sul luogo di lavoro, nella ricerca di un alloggio e nell'accesso a esercizi commerciali come ristoranti e negozi.
Altre misure, invece, ricevono un sostegno più eterogeneo. In media, il 60% è d'accordo sul fatto che gli adolescenti transgender dovrebbero essere autorizzati a ricevere cure per l'affermazione del proprio genere, come consulenze e trattamenti ormonali sostitutivi, con il consenso dei genitori.
Il 55% è d'accordo sul fatto che le persone transgender dovrebbero essere autorizzate a utilizzare strutture monosessuali, come i bagni pubblici, che corrispondono al loro genere. Il 53% è d'accordo sul fatto che i documenti rilasciati dal governo, come i passaporti, dovrebbero avere opzioni diverse da "maschio" e "femmina" per le persone che non si identificano in nessuna delle due categorie. Il 47% è d'accordo sul fatto che i sistemi di assicurazione sanitaria dovrebbero coprire i costi della transizione di genere in modo non diverso dai costi di altre procedure mediche.
Tra i 30 Paesi presi in esame, il sostegno alle diverse misure varia di molto: è alto in Thailandia, Spagna e in tutta l'America Latina. Tende invece a essere più basso in Corea del Sud, nell'Europa dell'Est, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove i diritti e le tutele dei transgender sono diventati questioni politiche polarizzanti. Tra i Paesi più aperti con sorpresa emerge l’Italia, con percentuali più alte della media.