Giornata Mondiale dell'Alimentazione 2020
Venerdì 16 ottobre ricorre la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, il World Food Day.
Oggi, oltre 2 miliardi di persone – come se sommassimo gli abitanti di Cina e India - non hanno accesso regolare a cibo di qualità, con le corrette proprietà nutritive e in quantità sufficiente. Quasi 690 milioni di persone soffrono la fame, 10 milioni in più dal 2019, in costante aumento dal 2014.
La pandemia del Covid-19 potrebbe far crescere questo numero di alcune decine di milioni di persone a breve, di pari passo con la contrazione della crescita economica e con l’aumento della popolazione mondiale, una tendenza che si prevede stabile almeno per i prossimi 20-30 anni. Il costante aumento della fame ma anche dei casi di obesità dal 2014 a oggi, segnalano un’urgenza nella revisione e nel rafforzamento dei sistemi alimentari, ad esempio: due terzi della produzione agricola alimentare oggi è rappresentata in sole nove specie vegetali, quando il pianeta propone non meno di 30.000 specie di piante commestibili. Il fenomeno della malnutrizione in tutte le sue forme - sottoalimentazione, carenze di micronutrienti, sovrappeso e obesità – ha un impatto economico: costa infatti circa 3.500 miliardi di dollari l'anno.
In occasione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione del 16 ottobre e della Giornata contro lo Spreco Alimentare, celebrata il 29 settembre scorso, Ipsos ha pensato di aggiornare i dati sullo spreco alimentare raccolti nel 2014.
Cosa abbiamo scoperto?
- Dal 2014 ad oggi, gli italiani non sembrano avere cambiato le loro abitudini di acquisto: la maggioranza è consapevole di acquistare più cibo di quanto non ne consumerà.
- Un italiano su tre confessa di buttare cibo scaduto o andato a male, almeno una volta al mese.
- Se nel 2014, metà degli italiani era riuscita a limitare la quantità di cibo sprecato, oggi solo il 44% ne è convinto, mentre la maggioranza è riuscita quanto meno a non aumentare la quantità degli scarti.
- Infine, 6 anni fa per un terzo dei cittadini la leva principale dell’attenzione agli sprechi era legata alla crisi economica, ora è solo il 20% circa a limitare lo scarto per risparmiare ed è invece aumentato il fastidio per il gesto in sé.