I sondaggi politici di Pagnoncelli: crisi di governo, una fotografia dei possibili scenari futuri del Parlamento

Nando Pagnoncelli -Presidente di Ipsos- presenta sul Corriere della Sera una simulazione della composizione del nuovo Parlamento, prendendo in considerazione cinque diversi scenari

Pochi giorni fa il Movimento 5 Stelle -guidato da Giuseppe Conte- non ha votato la fiducia al Senato sul Decreto Aiuti, aprendo di fatto una crisi di governo. In attesa dell'esito di quest'attuale crisi, Nando Pagnoncelli -Presidente, Ipsos- presenta sul Corriere della Sera una simulazione della composizione del nuovo Parlamento, prendendo in considerazione cinque diversi scenari: quattro con la legge elettorale attuale -il cosiddetto Rosatellum- e uno basato sull’ipotesi di una nuova legge elettorale che assegni i seggi con il sistema proporzionale e una soglia di sbarramento al 4%.

La simulazione presentata è una fotografia, non una previsione futura in quanto risulterebbe azzardata alla luce dei presumibili cambiamenti che si potranno verificare negli orientamenti di voto degli elettori a seguito dello scenario che si sta delineando con la crisi in atto. Ma non solo, anche per altri elementi quali le alleanze tra le forze politiche e la definizione delle candidature nei collegi maggioritari, molti dei quali oggi sono da considerare «contendibili», ossia presentano una differenza tra le coalizioni inferiore al 5%.


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Crisi di governo 2022, come sarà il futuro Parlamento?

1° scenario – I pesi

Il primo scenario considerato registra l’affermazione della coalizione di centrodestra (Lega, FdI e una lista FI/Noi con l’Italia) su quella giallo-rosso-verde (Pd, M5S e le liste di sinistra coalizzate): 211 seggi a 157 alla Camera e 106 a 76 al Senato. I restanti seggi verrebbero attribuiti su base proporzionale a Italexit (accreditata di 10 deputati e 5 senatori) e a due possibili liste uniche «centriste»: Azione/+Europa (10 seggi alla Camera e 5 al Senato) e Italia viva/Italia al Centro (con 8 e 4 seggi).

In questo e nei restanti scenari Insieme per il futuro -la neonata formazione di Luigi Di Maio in attesa di possibili nuove alleanze- non è stata inclusa in nessuna delle coalizioni.

2° scenario – La variabile

Nel secondo scenario è stato considerato il possibile allargamento dell’area centrista a Forza Italia. In tal caso il Parlamento sarebbe privo di maggioranza assoluta e il centro allargato (accreditato di 39 deputati e 19 senatori) risulterebbe decisivo per la formazione del governo, alleandosi con la coalizione giallo-rosso-verde (187 seggi alla Camera e 93 al Senato) oppure con la coalizione sovranista (Lega e FdI) a cui aggiungere qualche parlamentare transfuga.

3° e 4° scenario – Le coalizioni ampie

Il terzo scenario prevede l’ampliamento delle principali coalizioni, con l’inclusione di due forze centriste nel centrodestra e il cosiddetto «campo largo» nel centrosinistra. In questo scenario la prima coalizione otterrebbe una maggioranza risicatissima nei due rami del Parlamento: 202 seggi alla Camera e 101 al Senato.

Il quarto scenario differisce dal precedente solo per l’esclusione del M5S dal «campo largo» e ad oggi delinea la maggioranza più netta a favore del centrodestra che si affermerebbe con 244 deputati (contro 109 del centrosinistra) e 124 senatori (contro 50).

5° scenario – L’ipotesi proporzionale

Infine, il proporzionale con soglia di sbarramento al 4%: sommando i seggi delle due principali coalizioni non ci sarebbe maggioranza assoluta e ciò lascerebbe spazio ad alleanze e formule di governo di altro tipo.

Dalla fotografia sopra descritta emerge come, in tre scenari su cinque, prevarrebbe il centrodestra e nei restanti due ci sarebbe spazio per alleanze «a geometria variabile», che potrebbero essere favorite anche dall’attitudine di cambiare casacca o dar vita a nuove formazioni e gruppi parlamentari.

Le incognite sono davvero molte: dalla possibilità di dar vita ad un processo federativo delle forze che si richiamano al centro «moderato» alle prospettive elettorali del M5S dopo la rottura con il governo di Mario Draghi; dalle potenzialità di Italexit che sembra raccogliere i delusi provenienti soprattutto dal centrodestra alla consistenza dell’area a sinistra del Pd.


Per saperne di più, leggi l'articolo del Corriere della Sera


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